È tempo di Tasi ed è tempo di scadenze: ma a chi tocca pagare nel caso di un appartamento in affitto? La Tasi non è, almeno per definizione, una tassa patrimoniale, bensì una tassa sui servizierogati dal Comune. Il ragionamento porterebbe evidentemente a dire che dovrebbe pagare chi di quei servizi beneficia, ovvero entrambe le parti, proprietari e inquilini. In realtà i Comuni hanno ampio margine di decisione, non solo in termini di aliquote, bensì anche in termini di spartizione della spesa.
Al momento soltanto 90 Comuni hanno già deliberato in questa direzione e, di questi, 53 hanno chiesto agli inquilini che vivono in locazione di pagare il minimo della quota, ovvero il 10%. Gli altri si dividono fra gli importi massimi richiesti (30%) e quelli medi. Forse servirebbe una legge comune che consenta di agire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, senza discriminazioni.
Già non è semplice capire come comportarsi tra aliquote e rapporto Tasi/Imu, figuriamoci avendo libertà anche sul decidere chi deve pagare cosa. Il raggio d’azione dei Comuni, quest’anno, è stato limitato dall’Imu, ovvero la tassa patrimoniale sugli immobili: se questa andava corrisposta, il totale di Imu e Tasi non poteva superare l’aliquota massima prevista per la prima. Le giunte potevano limitarsi a chiedere una quota addizionale di 0,8 millesimi, ma solo nel caso in cui erano previste delle detrazioni per la prima casa. È quello che hanno fatto, per esempio, Roma e Milano. Sulla base di queste considerazioni il Comune italiano che ha chiesto la cifra maggiore agli inquilini che vivono in affitto è risultato essere Varese.
fonte immobiliare.it uscita del 19 Settembre 2014