Quasi 300 milioni di euro: più che un obiettivo di incasso resta una tabella dei sogni quella che pubblichiamo in anteprima e che riporta, caso per caso, i «possibili valori di mercato dei beni comunali» da dismettere, circa 700 proprietà tra residenziali, non residenziali e pertinenze. Numeri che andranno necessariamente ridimensionati considerando la lunga serie di eccezioni alla vendita contenute nella delibera 88 in discussione in consiglio comunale: dallo sconto del 30% per i residenti agli inquilini morosi ma «regolarizzabili» passando per le cosiddette fasce di reddito protette, il rischio è che – alla fine – si venda poco e male, come accaduto nel 2001 e nel 2006.
Il Comune da i numeri. Le quotazioni alle quali fa rifermento il Comune di Roma sono quelle dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate (Omi). Anche l’amministrazione, che conta di incassare 298 milioni di euro tra patrimonio residenziale e non, parla di «valori possibili»: si tratta di stime che non tengono in considerazione lo stato degli immobili, magari in pessime condizioni e da ristrutturare. Al contrario, potrebbe rivelarsi un affare per chi acquisterebbe beneficiando dello sconto del 30%: per 41 mq a largo Corrado Ricci in pieno centro, oggi affittati a 516 euro l’anno, basterebbero 186mila euro (quotazioni Omi 354.200 euro). Altra zona: un appartamento di 57 mq in via del Crocefisso dietro San Pietro attualmente occupato a 691 euro all’anno e valutato sul mercato, stando alle stime Omi, 276mila 450 euro, costerebbe all’acquirente 193mila euro.
Troppe eccezioni. Le incognite maggiori, che potrebbero decretare il flop dell’intero piano di vendita, sono scritte nella delibera di giunta e riguardano quelle situazioni per cui all’inquilino viene comunque garantito il diritto a restare nell’abitazione. Il primo punto è riferito al reddito: «Alle categorie che vantano un reddito annuo lordo familiare non superiore a 28mila euro – si legge – e che non intendono esercitare l’opzione di acquisto viene garantita la permanenza negli alloggi che pertanto non saranno messi in vendita». La giunta si spinge oltre, garantendo anche l’inquilino che supera la fascia reddituale: «Ai conduttori che non intendono acquistare l’abitazione, qualora al momento della proposta di acquisto abbiano un reddito inferiore ai 42mila euro, si garantisce il rinnovo dei contratti di locazione». In altre parole, l’immobile andrà all’asta con l’inquilino dentro «evidenziando la presenza nel bene di un terzo titolare di un contratto». Non un grande incentivo per il privato disposto a pagare qualcosa in più ma per un immobile libero. Non ultimo, «ai titolari del diritto di opzione con un’età superiore ai 75 anni è riconosciuto il diritto di usufrutto dell’immobile», cioè si venderà la nuda proprietà, nei fatti un altro bene «occupato» e svalutato.
Incognita morosi.La stragrande maggioranza degli inquilini – 8 su 10 – non paga neanche i canoni di locazione ridicoli mai aggiornati negli anni. «Se non versano gli arretrati saranno messi alla porta», sono sembrati categorici dall’amministrazione, ma la realtà appare più complicata: per citare solamente i casi seguiti da Romeo Gestioni, che per conto del Comune si occupa della gestione del patrimonio, sono necessari in media 4 anni solo per avviare il contenzioso e acquisire un titolo di sfratto. Altrettanti potrebbero passare per farlo diventare esecutivo.
uscita del 16 febbario 2015 fonte il tempo