Si torna a discutere della riforma, accantonata nel 2015, che riguarda i dati e le visure catastali, ancora basate sul conteggio dei vani ma chi si intende dirottare sul numero dei metri quadrati. Due anni fa la proposta fu messa da parte, ma oggi ritorna fra le prime considerate all’interno del Def. L’unica differenza rispetto al 2015 è che questa volta, maggioranza e opposizione concordi, si vogliono accelerare i tempi di approvazione e rendere la riforma effettiva entro la fine della legislatura.
Cambiando il riferimento dei calcoli per i valori catastali lo Stato non varierebbe il suo introito fiscale, ma alcuni cittadini si ritroverebbero a pagare di più, in particolar modo chi ha un immobile in un centro storico che è ancora accatastato come immobile popolare. Di contro ci sarebbe anche chi pagherebbe meno.
L’obiettivo è quello di rendere i valori più equi dello stato attuale, consentendo di distinguere bene fra immobili di pregio e non, fra chi possiede una casa in centro e chi ne ha una in periferia, ma si distinguerebbe anche fra i vari tipi di periferie, da quelle degradate a quelle più residenziali. Il riordino catastale, una volta diventato legge, avrebbe bisogno comunque di cinque anni prima di diventare efficace a tutti gli effetti.
Tra i cambiamenti, oltre al più evidente che vira dal numero dei vani a quello dei metri quadrati, è previsto anche il riordino e la semplificazione delle categorie che si limiterebbero a due, quella degli immobili ad uso “ordinario” e quelli a destinazione “speciale”. A essere coinvolti nella riforma si stima saranno circa 62 milioni di immobili.
fonte immobiliare.it uscita del 4 aprile 2017