Nel 2014 la percentuale di risparmiatori italiani che hanno acquistato una nuova casa ha toccato il minimo storico (7,6%), anche se l’investimento nell’immobiliare rimane il più soddisfacente (il 69,8% so dichiara soddisfatto) rispetto alle altre forme di impiego. A dirlo è l’ultima indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani realizzata dal Centro Einaudi in collaborazione con Intesa Sanpaolo.
In calo acquisti di seconde case e abitazioni per i figli
L’interesse dei risparmiatori italiani per la casa è una tradizione. Non è più considerata il miglior investimento possibile, ma le case messe in vendita negli ultimi anni per cercare liquidità sono soprattutto le seconde e terze case degli italiani. Lo stock di immobili in vendita è sicuramente lievitato negli anni della crisi (dal 2008 in poi) ma gli italiani non svendono il patrimonio delle abitazioni principali: la tradizionale incidenza della proprietà (prossima al 70%) e la scarsa liquidità e dinamicità del mercato degli affitti ha spinto numerosi risparmiatori ad alleggerire il patrimonio immobiliare, cercando di “piazzare” sul mercato una quota degli asset immobiliari in portafoglio. Ma l’abitazione principale e il mattone come investimento restano target di investimento molto richiesti dai risparmiatori, soprattutto rispetto alle altre forme di impiego. Nel dettaglio, sempre secondo l’ultima indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani realizzata dal Centro Einaudi in collaborazione con Intesa Sanpaolo, il 5,4% dei risparmiatori intervistati dichiara di aver acquistato una casa per investimento negli ultimi 12 mesi per viverci (contro il 5,3% dell’anno precedente); lo 0,8% ha comprato una seconda casa (rispetto all’1%); lo 0,6% un’abitazione per i figli (contro l’1,1%); l’0,8% lo ha fatto per investimento per integrare il reddito (1,1%).
Transazioni in ripresa, ma mai come nel 2007
Nonostante il mercato degli immobili ad uso residenziale abbia evidenziato nel corso degli ultimi mesi qualche debole segnale di ripresa, le previsioni a breve termine riguardanti le compravendite di abitazioni rimangono ancora negative, per i prezzi prima ancora che per l’attività transattiva. Il rischio di stagnazione, non ancora scongiurato, potrebbe rendere strutturali le perdite e i cambiamenti determinati dalla crisi. Secondo le stime disponibili, il 2014 si chiuderà con un incremento modesto dei livelli produttivi. In particolare, il PIL dovrebbe evidenziare una crescita dello 0,6% a fronte di una stagnazione dei redditi disponibili e della spesa per consumi. Negli anni successivi, in coincidenza di un rafforzamento del sentiero di crescita (+1,1% nel 2015 e +1,5% nel 2016), il reddito dovrebbe tornare ad aumentare a un ritmo più sostenuto rispetto ai consumi, con un effetto positivo sul tasso di risparmio delle famiglie. In questo contesto, però, segnali negativi continuano a provenire dal mercato del lavoro che registra i tassi di disoccupazione più elevati dalla fine degli anni ’70 e dalle restrizioni creditizie operate dal sistema bancario. In questo contesto, il comparto residenziale ha visto dimezzarsi l’attività di compravendita, raggiungendo un minimo nel 2013. Nel prossimo triennio, si prevede una graduale ripresa con un incremento su base annua del 9% circa che dovrebbe consentire, nel 2016, di tornare a superare le 500 mila transazioni, valore tuttavia molto distante dai massimi raggiunti nel 2007.
Rigidità dei prezzi: torneranno positivi solo nel 2016
Uno dei fattori che maggiormente limita il recupero delle transazioni è rappresentato dalla rigidità e dal lag temporale con cui i prezzi degli immobili si allineano alla riduzione dei volumi scambiati. A testimonianza di ciò, sempre secondo le stime effettuate da Nomisma, dal 2008 a oggi la riduzione dei prezzi si è attestata al 16%. In considerazione di questa tendenza, si prevede che nell’anno in corso e nel prossimo i prezzi delle abitazioni sperimentino un’ulteriore contrazione (rispettivamente -4,6% e -1,1%), per tornare in territorio positivo (+1,1%) nel 2016. In linea generale, i segnali che provengono dal mercato sembrano indicare che il comparto immobiliare avrà bisogno di un orizzonte più ampio rispetto al passato per recuperare un solido sentiero di crescita. L’attuale congiuntura, tuttavia, non consente di determinare se e in che misura si sia verificato un mutamento strutturale nel modello di sviluppo del settore degli immobili ad uso residenziale. In questo contesto, giocheranno un ruolo centrale, da un lato le prospettive di recupero del credito, dall’altro, l’efficacia e la tempestività delle politiche di rilancio del settore e delle misure di sostegno messe a punto dal Governo.
Erogazioni dei mutui in ripresa, ma contenute
In prospettiva, ci si attende un progressivo miglioramento con le erogazione di mutui che dovrebbero tornare a crescere, seppur in misura notevolmente più contenuta rispetto ai livelli raggiunti fino al 2011 (CAGR +15% nel periodo 2013-2017, per attestarsi sui 36 miliardi di euro). Sul comparto, infatti, continueranno a pesare le fragilità della congiuntura macroeconomica che alimentano il grado di incertezza delle famiglie sull’effettivo livello di reddito disponibile e, conseguentemente, sulla propensione all’indebitamento. In questo contesto, peraltro, appare opportuno sottolineare come nel corso degli ultimi anni l’investimento immobiliare abbia progressivamente perso appeal per effetto della minor capacità di preservare il valore reale, a causa della maggior imposizione fiscale e dell’aumentata rigidità in termini di liquidità, configurando, di fatto, quello che potrebbe trasformarsi in un mutamento strutturale del mercato.
Pesano i costi di manutenzione e le spese legate alla casa
L’incidenza dei costi relativi all’abitazione sulla spesa complessiva delle famiglie è cresciuta in misura sempre più accentuata, fino a superare, in molti casi, la soglia del 30%. In questo contesto, si evidenzia come un elevato numero di famiglie manifesti sintomi di disagio abitativo e, in caso di investimento, come gli eccessivi costi erodano i rendimenti. Pesano le spese di manutenzione e i costi (tra tasse e balzelli) anche su chi compra per rivendere in attesa di una plusvalenza: andamento dei prezzi a parte, le uscite annue diventano ingenti da sostenere. Se il 10% degli italiani circa mostra difficoltà nel pagamento di bollette, affitti o rate di mutuo e oltre il 20% vive in abitazioni con strutture danneggiate o non adeguatamente riscaldate, quasi il 60% considera le spese per la casa un carico pesante. Con riferimento a quest’ultimo dato, è indicativo sottolineare come l’incidenza sul totale delle famiglie sia aumentata di quasi 7 punti percentuali in meno di dieci anni. Ad oggi, infatti, il problema dell’alloggio non interessa esclusivamente le fasce più deboli della popolazione, ma riguarda un più ampio bacino di persone che, pur potendo fare affidamento su un reddito e su una condizione di relativa stabilità, ha significative difficoltà nell’accedere al mercato abitativo.
FONTE ILSOLE24ORE.IT USCITA DELL’8 LUGLIO 2014